"Quando un albero è ferito, cresce attorno a quella ferita" Peter A. Levine

sabato 10 ottobre 2015

La fiducia dei rondoni

Dopo una seduta di psicoterapia di gruppo, mi trovo a riflettere sul cambiamento, sulla paura che talvolta si ha di cambiare le cose, anche quelle che ci fanno male, che ci limitano.
La paura mi sembra che spesso sia quella di essere sopraffatti dal movimento, di perdere il controllo delle cose che cambiano, delle cose che vogliamo cambiare. Quasi come se il cambiamento fosse una pallina di neve minuscola che, se lanciata dalla sommità di una montagna innevata, mano a mano che rotola giù, s'ispessisce, si ingrandisce, si irrobustisce...diventa forte e pericolosa.
Un'altra paura è quella di commettere un errore di cui potremmo pentirci, ovvero la paura del rimorso e dell'irreparabilità del passo fatto, la paura del pentimento e dell'impotenza che ci assale quando ci confrontiamo con il tempo che va avanti e non è riavvolgibile, non è rivivibile, né modificabile.
Ci sono poi paure come quella della perdita dell'equilibrio, la paura di perdere le cose note, conosciute, percepite come sicure. C'è persino quel famoso detto che recita: "Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova" che, quasi come un monito minaccioso, presuppone un grande atto di coraggio, quasi eroico, in chi molla la sedia sicura per alzarsi ed esplorare il mondo, rischiando di non trovarne altre...rischiando di non ritrovare la sedia lasciata.
E se invece che di coraggio si trattasse di un moto di sopravvivenza? O se cambiare fosse necessario non tanto per sopravvivere, ma per vivere? Per realizzarsi? Per realizzarsi pienamente?
E mentre mi pongo queste domande penso ai rondoni.
Il 'rondone' (Apus Apus secondo la nomenclatura) è un uccello migratore piuttosto comune, che praticamente trascorre  in volo tutta la vita, cibandosi in volo, riuscendo anche a dormire in volo, dopo aver raggiunto gli strati più alti del cielo. Gli studiosi di ornitologia che hanno osservato per anni gli spostamenti di questi meravigliosi animali, hanno mappato una media di almeno sei mesi di volo ininterrotto, senza mai posarsi. Infatti il rondone sosta solo durante la cova delle uova e per alimentare i piccoli, posandosi nei pressi del nido.
Coloro che ne hanno osservato il volo, lo descrivono come potente, veloce e irregolare, con virate improvvise.
Osservando la vita di questo animale, mi anima un profondo senso di fiducia, di fiducia che pur lasciando l'appoggio, il nido trovato o costruito, quando sarà il momento di poggiarsi di nuovo un altro se ne troverà. E' questa fiducia che, se autentica, crea sicurezza. Non la sicurezza che trasmettono le cose esterne a cui capita di aggrapparsi, ma la sicurezza viscerale, quella che viene da dentro, dal nostro respiro, dal cuore che batte, dai nostri polmoni, che anche nei momenti peggiori non smettono di dilatarsi e contrarsi, assicurandoci l'ossigeno, la vita. La sicurezza che ciò che si prova va bene, non perché si ottiene consenso dall'esterno, ma perché é ciò che proviamo, ora, e proprio perché lo sentiamo, è lecito, legittimo e ci può orientare rispetto alla direzione da prendere, momento per momento.
Ai miei occhi il rondone ha, o meglio, è questa sicurezza, questa fiducia, questo istinto all'ennesima potenza.
Mi piace pensare di accompagnare i miei clienti lungo la via del recupero di questa fiducia, 'la fiducia del rondone' e nella mia esperienza, quando la persona, quando il cliente, animato dalla ritrovata fiducia, si lancia, il volo è spettacolare.

venerdì 31 gennaio 2014

Gruppo d'incontro: iniziativa aperta a chiunque desideri sperimentarsi nella relazione autentica



Dopo un certo periodo d'incubazione finalmente cominciamo a raccogliere le candidature per il primo gruppo d'incontro rogersiano che partirà a Reggio Emilia.
L'ideologia dei gruppi d'incontro è nata ed è stata definita negli anni '40 da Carl Rogers, psicologo americano che credeva che ovunque possa aver luogo l'incontro autentico tra due o più individui, là avvengono la crescita ed il cambiamento.
Ebbene, partendo da questo presupposto, la collega Stefania ed io ci muoviamo con l'obiettivo di promuovere l'incontro, il cambiamento ed il benessere. La particolarità del gruppo d'incontro è infatti quella di favorire, nel rispetto dei tempi del processo del gruppo, l'incontro autentico tra i suoi partecipanti e tra i loro molteplici punti di vista.
Chiunque fosse interessato ad avere informazioni più specifiche non esiti a contattarci per fissare un colloquio conoscitivo gratuito e senza impegno.

mercoledì 5 giugno 2013

L'ASCOLTO... QUESTO SCONOSCIUTO

Da alcuni anni incontro ragazzi adolescenti presso uno spazio d'ascolto all'interno di una realtà scolastica.
Ho incontrato ragazze e ragazzi molto diversi, che mi portavano le questioni più variegate: qualcuno veniva per la curiosità di incontrare una psicologa e vedere se era vero che avrebbe dovuto sdraiarsi sul 'lettino'., qualcuno portava la profonda difficoltà di separarsi dalla fidanzata o dal fidanzato, alla luce di un nuovo amore nascente, qualcun altro con estremo dolore mi portava la faticosa situazione familiare...il suo sentirsi schiacciato in un clima difficile, complicato, talvolta violento.. in cui crescere è ancora più difficile, oltre che rischioso.

Se penso a questa mia esperienza, in generale direi che ho incontrato ragazze e ragazzi tanto diversi ma allo stesso tempo tanto tanto soli. Non erano senza amici, ma piuttosto sembravano consapevoli che avere un amico non significa necessariamente sentirsi liberi di raccontargli qualunque cosa e credo proprio che uno dei punti in comune del bisogno portatomi dai ragazzi adolescenti che ho incontrato, fosse il desiderio, l'assoluto bisogno di 'essere ascoltati'.

Mi rendo conto che oggi la parola 'ascolto' è inflazionata, sembra che chiunque mastichi un po' di 'psicologhese' si possa dire esperto dell'ascolto.
Nell'ambito della mia formazione ho appreso che ascoltare non ha solo a che vedere con le orecchie...ascoltare significa essere in grado di cogliere lo stato d'animo dell'altro, il suo modo di vivere  e costruire la realtà, senza per questo giudicarlo, senza farlo sentire inappropriato, incapace, diverso, malato, normale, anormale, giusto o sbagliato, .....e questo non è facile, perché nel bene e nel male siamo tutti piuttosto abituati ad approcciarci agli altri attraverso il giudizio, che sia medico, personale, professionale, valoriale...
Con estrema facilità siamo pronti a dare ragione a qualcuno, torto a qualcun altro, a dire che un pensiero, uno stato d'animo è giusto, che un altro è sbagliato.

Creare uno spazio di ascolto efficace significa essere capace di porsi di fronte ad un'altra persona senza aspettative, senza dare per scontato alcunché, ma cercando di spostarsi da sé per cogliere il punto di vista dell'altro. Quando si riesce a fare questo, l'altra persona lo sente subito, sperimenta la libertà di mostrarsi e la fiducia di poterlo fare pienamente. Si tratta di un'esperienza preziosa, eppure oggi è anche estremamente rara, al punto che la fame di 'ascolto' è comune anche tra gli adulti.

Per quanto la vita oggi sia piena di mille parole, dette di persona, al telefono, scritte in chat, via sms, mail, twit, poke..o altro ancora...  talvolta la sensazione è quella di un rumore di sottofondo, una specie di ronzio che riempie ogni spazio vuoto, ma che non coglie mai nel segno, che resta in superficie.

Nelle relazioni che costruisco nello studio dove ricevo i clienti  scopro continuamente il potere dell'incontro autentico, dove l'uno si porta e l'altro lo accoglie e lo coglie.... e già questo, talvolta anche solo questo è terapeutico, perché facilita nell'altro un primo cambiamento, che deriva dal sentirsi visto veramente e dal sentirsi accolto per come è, a volte... per la prima volta dopo tanto tempo.

Spesso con un adolescente in difficoltà, è sufficiente un simile contatto, un tale incontro perché egli 'si ritrovi' e quanto è prezioso quel momento nella prevenzione di future derive e problematiche, nel prevenire aggravamenti, esordi sintomatologici, agiti autolesivi o eterolesivi.

L'ascolto profondo e non giudicante è nemico dell'isolamento e dell'alienazione, ma prima di ascoltare qualcuno che ha bisogno chiediamoci quanto siamo capaci e disposti ad ascoltare noi stessi senza pregiudizio e aspettative... è sempre un ottimo esercizio che risponde ad un monito vecchio come il monto, ovvero: 'medico, cura te stesso'... aggiungerei 'come prima cosa!'.