Da alcuni anni incontro ragazzi adolescenti presso uno spazio d'ascolto all'interno di una realtà scolastica.
Ho incontrato ragazze e ragazzi molto diversi, che mi portavano le questioni più variegate: qualcuno veniva per la curiosità di incontrare una psicologa e vedere se era vero che avrebbe dovuto sdraiarsi sul 'lettino'., qualcuno portava la profonda difficoltà di separarsi dalla fidanzata o dal fidanzato, alla luce di un nuovo amore nascente, qualcun altro con estremo dolore mi portava la faticosa situazione familiare...il suo sentirsi schiacciato in un clima difficile, complicato, talvolta violento.. in cui crescere è ancora più difficile, oltre che rischioso.
Se penso a questa mia esperienza, in generale direi che ho incontrato ragazze e ragazzi tanto diversi ma allo stesso tempo tanto tanto soli. Non erano senza amici, ma piuttosto sembravano consapevoli che avere un amico non significa necessariamente sentirsi liberi di raccontargli qualunque cosa e credo proprio che uno dei punti in comune del bisogno portatomi dai ragazzi adolescenti che ho incontrato, fosse il desiderio, l'assoluto bisogno di 'essere ascoltati'.
Mi rendo conto che oggi la parola 'ascolto' è inflazionata, sembra che chiunque mastichi un po' di 'psicologhese' si possa dire esperto dell'ascolto.
Nell'ambito della mia formazione ho appreso che ascoltare non ha solo a che vedere con le orecchie...ascoltare significa essere in grado di cogliere lo stato d'animo dell'altro, il suo modo di vivere e costruire la realtà, senza per questo giudicarlo, senza farlo sentire inappropriato, incapace, diverso, malato, normale, anormale, giusto o sbagliato, .....e questo non è facile, perché nel bene e nel male siamo tutti piuttosto abituati ad approcciarci agli altri attraverso il giudizio, che sia medico, personale, professionale, valoriale...
Con estrema facilità siamo pronti a dare ragione a qualcuno, torto a qualcun altro, a dire che un pensiero, uno stato d'animo è giusto, che un altro è sbagliato.
Creare uno spazio di ascolto efficace significa essere capace di porsi di fronte ad un'altra persona senza aspettative, senza dare per scontato alcunché, ma cercando di spostarsi da sé per cogliere il punto di vista dell'altro. Quando si riesce a fare questo, l'altra persona lo sente subito, sperimenta la libertà di mostrarsi e la fiducia di poterlo fare pienamente. Si tratta di un'esperienza preziosa, eppure oggi è anche estremamente rara, al punto che la fame di 'ascolto' è comune anche tra gli adulti.
Per quanto la vita oggi sia piena di mille parole, dette di persona, al telefono, scritte in chat, via sms, mail, twit, poke..o altro ancora... talvolta la sensazione è quella di un rumore di sottofondo, una specie di ronzio che riempie ogni spazio vuoto, ma che non coglie mai nel segno, che resta in superficie.
Nelle relazioni che costruisco nello studio dove ricevo i clienti scopro continuamente il potere dell'incontro autentico, dove l'uno si porta e l'altro lo accoglie e lo coglie.... e già questo, talvolta anche solo questo è terapeutico, perché facilita nell'altro un primo cambiamento, che deriva dal sentirsi visto veramente e dal sentirsi accolto per come è, a volte... per la prima volta dopo tanto tempo.
Spesso con un adolescente in difficoltà, è sufficiente un simile contatto, un tale incontro perché egli 'si ritrovi' e quanto è prezioso quel momento nella prevenzione di future derive e problematiche, nel prevenire aggravamenti, esordi sintomatologici, agiti autolesivi o eterolesivi.
L'ascolto profondo e non giudicante è nemico dell'isolamento e dell'alienazione, ma prima di ascoltare qualcuno che ha bisogno chiediamoci quanto siamo capaci e disposti ad ascoltare noi stessi senza pregiudizio e aspettative... è sempre un ottimo esercizio che risponde ad un monito vecchio come il monto, ovvero: 'medico, cura te stesso'... aggiungerei 'come prima cosa!'.
"Quando un albero è ferito, cresce attorno a quella ferita" Peter A. Levine
mercoledì 5 giugno 2013
mercoledì 20 marzo 2013
LE EMOZIONI COME PUNTO D’INCONTRO
Sono reduce da un gruppo con adolescenti sui temi della
salute e della malattia nell’ambito di un servizio che si occupa di prevenzione
e promozione della salute; ecco alcune osservazioni in proposito.
Per la maggior parte dei ragazzi d’età compresa tra i 12 ed
i 18 anni, è un comportamento nuovo e quasi rivoluzionario quello di stare
seduti insieme a confrontarsi sui diversi punti di vista relativi ad una
tematica, specie se si parla di salute.
E’ inevitabile che con la diffusione delle nuove tecnologie
si sia insinuata una modalità diversa, più immediata e sempre attiva di
comunicare: gli sms stessi oggi sembrano ormai obsoleti se si pensa alla chat,
a what’s up, a twitter, a facebook... la maggior parte di noi è parte di una
‘famiglia’ più grande chiamata rete e lanciare il proprio cinguettio nell’etere
ci fa automaticamente sentire ‘parte del tutto’, ‘parte del dialogo’, ‘parte di
quello che succede’. Di fronte a questo è inevitabile che ci siano persone che
credano che anche la politica possa farsi così, momento per momento, attraverso
twit, chat o quant’altro.
L’immediatezza è così propria della nostra quotidianità che
sembra una scoperta importante e assolutamente inedita rendersi conto che a
volte il bisogno è quello di ‘stare’ nell’attesa, nell’ascolto di sé, del
proprio ritmo, del proprio sentire. Oggi giorno si corre da un impegno
all’altro, si passa da un corso all’altro, da un lavoro all’altro e lo stare
nel ‘mezzo’ è spesso fonte di disagio, di sentimenti che vanno dalla colpa,
all’inutilità, alla smania di fare........laddove sembra che ‘fare’...
equivalga ad ‘essere’.
Nell’incontro con il gruppo di oggi, dopo una riflessione
sul tema della salute diversi ragazzi, attoniti di fronte a me, scoprivano di
aver bisogno di rallentare per prendersi spazi per stare con se stessi, con il
proprio far niente, con la propria voglia di correre al proprio ritmo. Persino
i primi della classe hanno cominciato ad esprimere il senso di pesantezza
sperimentato in quel ‘non riuscire mai a staccare la spina’, non riuscire mai a
riposare davvero corpo e mente.
È questo che sta succedendo alle nuove generazioni e forse
anche a quelle precedenti? Siamo davvero convinti che correre tutto il tempo
non ci faccia perdere il piacere del viaggio, quella ricchezza delle emozioni
che si animano dentro di noi mentre percorriamo la nostra vita?
Oggi la sensazione è che ci sia un bisogno forte di
recuperare il tempo per stare nell’incontro con se stessi e con l’altro.
Il contatto con le emozioni che spesso spaventano,
soprattutto gli adulti, rende possibile l’abbandono della frenesia dell’etere,
per stare semplicemente in un incontro fatto di persone e non da parole scritte
su un monitor o da immagini non a fuoco che rimandano ad un viso più o meno
conosciuto.
Nell’incontro di oggi, la legittimazione delle diverse
sensibilità emotive ha consentito a tutti i presenti di guardarsi a vicenda in
un modo diverso, molto diverso da come ci si guarda e ci si ascolta ‘online’.
Nella stanza l’atmosfera era calda, gli occhi di alcuni erano più lucidi di
quelli di altri, le parole acquisivano pesantezze diverse, i gesti erano in
armonia con il gruppo. La capacità di alcuni partecipanti di essere più in
contatto con le proprie emozioni ha facilitato gli altri in questo cammino
verso se stessi, verso il proprio sentire e verso una consapevolezza più piena
di sé. In quel frangente era possibile per i ragazzi riconoscere chiaramente il
proprio punto di vista ed esprimerlo, senza sentirsi minacciati da quello diverso
del compagno vicino. La certezza del proprio vissuto rendeva inutile ogni
tentativo di consigliare, convincere, trovare risposte giuste, proprio perchè
ognuno si sentiva libero di trovare la propria, la risposta giusta per sé.
Le giovani donne ed i giovani uomini, che frequentano oggi
le scuole superiori, vivono l’incontro emozionale con tanta curiosità, come se
non ci fossero abituati, ma ne sentissero l’utilità e questo mi stimola
ulteriori riflessioni. Il bambino appena nato è assolutamente a contatto con i
propri bisogni ed i propri vissuti, poi con la crescita si spoglia
progressivamente di quella spontaneità per andare incontro alle richieste
esterne della famiglia, degli amici, della moda, dell’etere.
Forse lasciare che permangano nella vita delle giovani donne
e dei giovani uomini, ma anche dei così detti adulti, spazi in cui ci sia la
possibilità di stare nelle emozioni del qui ed ora senza il bisogno di
rifugiarsi nello sguardo al monitor del proprio smartphone, è consigliabile in
un mondo in cui sempre più spesso si osservano persone, che pur essendo tra
loro vicine, non si ‘incontrano’; che pur urlandosi addosso non si sentono, che
si giudicano in silenzio mascherandosi dietro a sorrisi di convenienza o che si
spengono silenziosamente oppure con clamore perchè troppo sole con i loro
problemi.
Come sarebbe bello se in ogni giornata ci fosse almeno un
momento in cui ognuno possa sentirsi libero di dar voce a quel che sente
veramente e riuscisse a farlo nell’incontro con l’altro .... e non solo lanciando
un twit!
Come sarebbe salutare .... incontrarsi di più e più a fondo.
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