La paura mi sembra che spesso sia quella di essere sopraffatti dal movimento, di perdere il controllo delle cose che cambiano, delle cose che vogliamo cambiare. Quasi come se il cambiamento fosse una pallina di neve minuscola che, se lanciata dalla sommità di una montagna innevata, mano a mano che rotola giù, s'ispessisce, si ingrandisce, si irrobustisce...diventa forte e pericolosa.
Un'altra paura è quella di commettere un errore di cui potremmo pentirci, ovvero la paura del rimorso e dell'irreparabilità del passo fatto, la paura del pentimento e dell'impotenza che ci assale quando ci confrontiamo con il tempo che va avanti e non è riavvolgibile, non è rivivibile, né modificabile.
Ci sono poi paure come quella della perdita dell'equilibrio, la paura di perdere le cose note, conosciute, percepite come sicure. C'è persino quel famoso detto che recita: "Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova" che, quasi come un monito minaccioso, presuppone un grande atto di coraggio, quasi eroico, in chi molla la sedia sicura per alzarsi ed esplorare il mondo, rischiando di non trovarne altre...rischiando di non ritrovare la sedia lasciata.
E se invece che di coraggio si trattasse di un moto di sopravvivenza? O se cambiare fosse necessario non tanto per sopravvivere, ma per vivere? Per realizzarsi? Per realizzarsi pienamente?
E mentre mi pongo queste domande penso ai rondoni.
Il 'rondone' (Apus Apus secondo la nomenclatura) è un uccello migratore piuttosto comune, che praticamente trascorre in volo tutta la vita, cibandosi in volo, riuscendo anche a dormire in volo, dopo aver raggiunto gli strati più alti del cielo. Gli studiosi di ornitologia che hanno osservato per anni gli spostamenti di questi meravigliosi animali, hanno mappato una media di almeno sei mesi di volo ininterrotto, senza mai posarsi. Infatti il rondone sosta solo durante la cova delle uova e per alimentare i piccoli, posandosi nei pressi del nido.
Coloro che ne hanno osservato il volo, lo descrivono come potente, veloce e irregolare, con virate improvvise.
Osservando la vita di questo animale, mi anima un profondo senso di fiducia, di fiducia che pur lasciando l'appoggio, il nido trovato o costruito, quando sarà il momento di poggiarsi di nuovo un altro se ne troverà. E' questa fiducia che, se autentica, crea sicurezza. Non la sicurezza che trasmettono le cose esterne a cui capita di aggrapparsi, ma la sicurezza viscerale, quella che viene da dentro, dal nostro respiro, dal cuore che batte, dai nostri polmoni, che anche nei momenti peggiori non smettono di dilatarsi e contrarsi, assicurandoci l'ossigeno, la vita. La sicurezza che ciò che si prova va bene, non perché si ottiene consenso dall'esterno, ma perché é ciò che proviamo, ora, e proprio perché lo sentiamo, è lecito, legittimo e ci può orientare rispetto alla direzione da prendere, momento per momento.
Ai miei occhi il rondone ha, o meglio, è questa sicurezza, questa fiducia, questo istinto all'ennesima potenza.
Mi piace pensare di accompagnare i miei clienti lungo la via del recupero di questa fiducia, 'la fiducia del rondone' e nella mia esperienza, quando la persona, quando il cliente, animato dalla ritrovata fiducia, si lancia, il volo è spettacolare.