A volte ci sono quelle giornate in cui mi sveglio e fatico a collocarmi. Guardo la mia vita e osservo i traguardi raggiunti, le soddisfazioni, le sicurezze. Allo stesso tempo sento in me una brama di rischio, di buttarmi in cose e dimensioni nuove, meno certe, a tratti persino pericolose, forse minacciose per alcune delle mie sicurezze.
Eccola lì la bilancia che a tratti si inclina verso la sicura consapevolezza di ciò che sono e a tratti poi pende invece verso la dimensione del possibile, del nuovo, dell'insolito, a momenti minaccioso, in altri decisamente conturbante.
Mi chiedo se queste 'voglie' di nuovo siano davvero minacciose, davvero compromettano il senso di sicurezza, o se semplicemente vadano a modificare potenzialmente gli 'oggetti' della propria sicurezza. Perciò mi chiedo: il senso di sicurezza è strettamente vincolato ad oggetti, prove materiali della stessa (un lavoro, un partner, una casa..) oppure si può pensare che sia qualcosa di meno misurabile e più insito nella natura stessa dell'individuo?
Quanto ci sentiamo sicuri?
Quanto ci sentiamo pronti a non farci imbrigliare da certi 'oggetti di sicurezza'?
Quanto riusciamo a pensare alla sicurezza come ad un processo in continua vestizione piuttosto che come ad un posto prenotato nel solito ristorante o nel solito albergo?
La sicurezza dov'è? Mi libera o mi costringe?
La sicurezza è solo un'illusione creata dal nostro subconscio...la capacità di riconoscere le nostre insicurezze e trarne spunti e vantaggi è la chiave che apre le nostre porte...
RispondiEliminacome dice il mio scrittore preferito :
" La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili "