"Quando un albero è ferito, cresce attorno a quella ferita" Peter A. Levine

venerdì 30 dicembre 2011

giudicare o lasciarsi stupire?

Credo che i regali di Natale siano un'ottima occasione di cogliere come siamo visti dagli altri, o meglio cosa gli altri si aspettino da noi.
Riflettevo oggi in particolare su come a volte chi ci è intorno sia certo di conoscerci profondamente e su come neanche per un istante metta in dubbio che, se sei donna, ti piacerà cucinare e che, se non ti piace, imparerai, oppure se sei un uomo gradirai dei cioccolatini al rum, e se non è così...che uomo sei??
Quanto si fatica ad approcciarsi al prossimo con curiosità, senza dar per scontato ciò che l'altro sia o debba essere, e quanta fatica si fa a crescere in un mondo dove, sebbene non sia scritto da nessuna parte, è un po' come se ogni esistenza sia tacitamente legittimata solo entro certi ranghi e nel rispetto di certi 'stereotipi'.
A questo proposito ricordo la mia visita ad una galleria d'arte nel cuore di Manhattan, sin dall'ingresso del grande appartamento intonacato di bianco, era intenso il profumo di...... terra, terra grassa, ricca, umida, come quella di un campo appena arato. L'appartamento era completamente pieno di terra ed i vetri alle finestre erano pieni di condensa.
Lo spettacolo era surreale, intenso, meraviglioso. Lo splendore era dato dalla meraviglia che si provava a quella vista, così insolita, inconsueta eppure trionfante, geniale.
Mi chiedo quanto concediamo alle persone di stupirci e piacerci allo stesso modo anche nello stupore, nell'insolito dell'esserci per quello che sono e non per quello che, noi crediamo, esse dovrebbero essere.
Se ci ripenso, non sono molti gli spazi e le relazioni in cui mi sia sentita concedere a priori la libertà di essere me stessa, per quello che ero, senza provare la sensazione di deludere aspettative o contravvenire a regole e norme 'scontate'.
Mi rendo invece conto che il più delle volte questa libertà è stata possibile perchè io per prima l'ho posta come condizione indiscutibile nelle mie relazioni, rifiutando di conformarmi alle aspettative o alle abitudini dei miei interlocutori.
In poche parole mi sono accorta che più io per prima mi libero di una serie di aspettative e costrutti verso me stessa, tanto più diventa un'esigenza profonda sentirmi libera dalle stesse 'briglie' anche di fronte allo sguardo dell'altro.
Sempre più mi accorgo che essere guardata e giudicata in base a stereotipi e pregiudizi mi ferisce, mi fa sentire non vista, non guardata per quello che sono, non ascoltata per quello che dico e che porto nella relazione e quando questo succede, sento solo una gran distanza dall'altro e questo mi rattrista.
Vorrei che le persone potessero guardarsi tra loro così come io ho potuto guardare quella distesa di terra, racchiusa in quell'open space di lusso al centro di NYC, con stupore, meraviglia, curiosità, ma soprattutto con lo sguardo scevro da schemi, paradigmi, e cornici pre-definite, rigide, imbriglianti.
Sarebbe più facile 'essere e basta' in un mondo del genere.

Nessun commento:

Posta un commento